2.1. Quadro normativo di riferimento
La nuova versione del comma 3-bis dell'art. 33 del decreto legislativo n. 163/2006 R, ha attualmente il seguente tenore: «I comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'art. 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 R, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 R. In alternativa, gli stessi comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i comuni istituiti a seguito di fusione l'obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione».
La disposizione, dettata all'evidente scopo di contenimento della spesa pubblica, è finalizzata a realizzare un accorpamento della domanda di lavori, beni e servizi da parte dei comuni attraverso il doveroso utilizzo di forme di aggregazione (unioni, accordi consortili, soggetti aggregatori e province) ai fini dell'affidamento dei contratti pubblici. Lo scopo è quello di canalizzare la domanda di lavori, beni e servizi proveniente da una miriade di comuni, anche di dimensioni estremamente ridotte (si pensi ai cosiddetti «comuni polvere»), verso strutture aggregatrici, con l'effetto di concentrare le procedure di acquisto, aumentando, di conseguenza, i volumi messi a gara e riducendo le spese e i rischi connessi alla gestione delle procedure, garantendo, così nel contempo, l'accrescimento della specializzazione, in capo ai soggetti più qualificati, nella gestione delle procedure di procurement.
Il sistema di centralizzazione degli acquisti introdotto dal nuovo comma 3-bis dell'art. 33 - che, rispetto alla precedente formulazione, oltre ad ampliare la platea dei destinatari (estendendola dai soli comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti a tutti i comuni non capoluogo di provincia), ha ampliato anche la gamma dei soggetti con funzioni di aggregazione – era previsto che entrasse in vigore dal 1° gennaio 2015 limitatamente all'acquisizione di beni e servizi e dal 1° luglio 2015 per l'acquisizione di lavori (art. 23-ter, decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modifiche, dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114).
Successivamente, l'art. 8, comma 3-ter della legge 27 febbraio 2015, n. 11 R, modificando l'art. 23-ter, sopra richiamato, ha fissato al 1° settembre 2015 l'entrata in vigore della disposizione de qua, sia per i lavori che per i servizi e le forniture.
Da ultimo, l'art. 1, comma 169 della legge 13 luglio 2015, n. 107 R, ha previsto che «all'art. 23-ter, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, le parole: "1º settembre 2015" sono sostituite dalle seguenti: "1º novembre 2015"».
Le uniche deroghe all'obbligo di procedere agli acquisti in forma aggregata sono riconosciute a favore degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località colpite da eventi sismici (Abruzzo e province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo) e dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti per acquisti di lavori, servizi e forniture di valore inferiore a 40.000 euro (art. 23-ter, commi 2 e 3, decreto-legge n. 90/2014).
2.2. Centrali di committenza, soggetti aggregatori e obblighi dei comuni
L'inserimento dell'obbligo di acquisto dei comuni in forma aggregata nell'ambito dell'art. 33 del Codice, dedicato alla disciplina delle centrali di committenza, pone un problema di relazione tra i soggetti deputati ad attrarre la domanda di lavori, beni e servizi dei comuni, in particolare i «soggetti aggregatori», e le centrali di committenza di cui al comma 1 dell'art. 33 N1.
Recependo l'art. 11 della direttiva 2004/18/CE, che facoltizzava i Paesi membri a prevedere tecniche di centralizzazione delle committenze - tecniche viste con favore dall'Unione europea in quanto, dato il volume degli acquisti, consentono un aumento della concorrenza e dell'efficacia della commessa pubblica (considerando 15) - il legislatore nazionale ha introdotto con l'art. 33 la possibilità, per stazioni appaltanti ed enti aggiudicatori, di fare ricorso alle centrali di committenza (con ciò riconoscendo a livello normativo un fenomeno che con Consip S.p.A. e altre centrali d'acquisto regionali, in Italia aveva già trovato attuazione).
Le centrali di committenza sono definite nell'art. 3, comma 34, del Codice, come amministrazioni aggiudicatrici che acquistano forniture e servizi destinati ad altre amministrazioni o aggiudicano appalti di lavori, forniture e servizi destinati ad altre amministrazioni.
Ciò che è espresso in termini di facoltà nel primo comma dell'art. 33 a vantaggio di ogni stazione appaltante ed ente aggiudicatore, come visto, è espresso in termini di obbligo nei confronti dei comuni non capoluogo di provincia nel comma 3-bis, dove sono altresì elencati, si ritiene in modo tassativo, i soggetti destinati ad esercitare tali funzioni di acquisto centralizzato.
Non ogni centrale di committenza può, infatti, legittimamente svolgere procedure di gara in forma aggregata per i comuni ma solo quelle individuate nel comma 3-bis; ovvero, oltre a unioni di comuni, accordi consortili e province, i soggetti aggregatori e per questi ultimi, deve ritenersi, nei limiti delle competenze loro assegnate dalla normativa (spesso regionale) di riferimento.
Secondo quanto disposto dall'art. 9, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, i soggetti aggregatori - previsti in un numero massimo totale di 35 (in base al comma 5 del medesimo articolo) - sono centrali di committenza iscritte in un elenco tenuto dall'Autorità nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A., una centrale di committenza per ogni regione, qualora costituita, ed altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza e che abbiano ottenuto l'iscrizione nell'elenco dei soggetti aggregatori.
I requisiti per l'iscrizione, come previsto dal comma 2 del citato art. 9, sono stati definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 novembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 20 gennaio 2015) N2.
In attuazione dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Autorità, con determinazione n. 2 dell'11 febbraio 2015, ha stabilito le modalità operative per la presentazione delle richieste di iscrizione all'elenco. I soggetti in possesso dei requisiti potevano presentare all'Autorità la richiesta di iscrizione entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione della richiamata determinazione (art. 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Termine riaperto, successivamente, con il comunicato del Presidente del 4 giugno 2015.
I soggetti aggregatori sono dunque centrali di committenza «qualificate» tramite l'iscrizione all'elenco tenuto dall'Autorità, istituito con la delibera n. 58 del 22 luglio 2015.
I comuni non capoluogo di provincia sono abilitati a procedere all'acquisto di lavori, servizi e forniture tramite unioni di comuni, accordi consortili o province che, ai sensi dell'art. 1, comma 88, della legge 7 aprile 2014, n. 56, d'intesa con i comuni, possono esercitare le funzioni di stazione appaltante e, intervenuta la creazione dell'elenco dei soggetti aggregatori, tramite questi ultimi. Mentre &e